|
Anche
quest’anno è stato un vero piacere condividere questa esperienza con
altri 100 ragazzi provenienti da tutta Italia. La Compagnia Lima "All
Italians" ha visto Sven, nel ruolo di Company Commander, Maso come
coordinatore del primo plotone ed io come coordinatore del secondo.
Ogni plotone era suddiviso in quattro squadre denominate "Sierra",
con a capo uno squad leader. In fase pianificativa ho reputato
necessario predisporre un vademecum atto a standardizzare le
procedure inerenti le ROE, posti di blocco, accessi perimetrali e POA. Inoltre ho stampato gli attestati-ricordo per tutto il mio
plotone. Pensavo che fosse anche un modo per fare conoscenza e
cominciare a vivere nel migliore dei modi questa esperienza. Appena
arrivati con gli altri al campo NATO, sono sommerso dalle richieste
più disparate a cui non so dare risposta. Pare ci sia un problema
con i posti in tenda. Prima di partire avevo stampato dei cartelli
con l’identificativo della Sierra e del Plotone da affiggere fuori
la tenda. Questo, in parte, ha messo un po d’ordine. Il giorno
successivo la Crew ha risolto ogni problema. Dopo aver assistito al
Briefing tenuto da Sven, faccio conoscenza con gli squad leader del
secondo plotone. Sono ragazzi validissimi e le premesse per vivere
al meglio il Berget ci sono tutte. Intonare l’inno di Mameli è stato
toccante davvero (metto le mani avanti e specifico per i più
polemici, che tutte le nazioni lo avevano, evitiamo di ricamarci
sopra più del dovuto) ed ha contribuito a rendere il gruppo ancora
più coeso. Come prima missione dovevamo acquisire la Miners Hut, una
vecchia miniera presidiata dagli SRP (truppe separatiste). Sven
riesce a far ripiegare gli occupanti promettendogli che la NATO li
avrebbe appoggiati per le elezioni che si sarebbero tenute
l’indomani a Bashir City. Obiettivo conseguito senza sparare un
colpo. Una volta rientrati alla base, stringo amicizia con Ile,
instancabile marconista della Compagnia e con British, interprete
ufficiale. Il giorno successivo la Compagnia viene spostata dove è
richiesto il suo intervento. Entriamo anche a Bashir City aiutando
la popolazione a respingere un attacco ostile. La città è davvero
ben realizzata. Le costruzioni in legno si stagliano all’orizzonte,
sono un po spartane, ma fa parte del gioco. Troviamo una chiesa con
il sacerdote, la banca, il municipio, l’ospedale, il market e, la
struttura più acclamata, il bordello. Dando qualche Berget Dollar
(banconote ufficiali del gioco) alle prostitute o al medico, si
veniva curati e magari si aveva anche l’occasione di scattare
qualche foto, inutile dire che il medico è stato il personaggio meno
immortalato. Respinto l’attacco avversario, stabiliamo un perimetro
difensivo intorno alla città e, non appena tornata la calma, ci
defiliamo. Il primo ingaggio con i mercenari lo abbiamo in cima ad
una montagna. Un nostro POA viene in contatto con alcuni ostili e di
li a poco si scatena l’inferno. Riusciamo a respingere i mercenari
che non hanno accolto di buon grado la notizia di doversi ritirare
date le ingenti perdite subite. Davvero suggestivo vedere la
compagnia dispiegata ed il nostro bel tricolore garrire al vento.
Non è per patriottismo "spinto", ma si gioca tutti dalla stessa
parte, ci si aiuta e le diatribe vengono lasciate sul web.
Implotonati, raggiungiamo la Miners Hut presidiata dai separatisti,
che questa volta non appaiono così amichevoli. La miniera è
posizionata su un’altura rocciosa e sembra una rocca inespugnabile.
Inizialmente il secondo plotone avrebbe dovuto fare da diversivo e
concentrare su di se il fuoco dei separatisti, mentre il primo
plotone di Maso sarebbe piombato dal bosco sui difensori. La tattica
concepita da Sven non aveva pecche e sulle prime riusciamo a
contenere il fuoco avversario, ma poi l’ingaggio si fa aspro e si
combatte fino allo stremo delle forze per guadagnare anche un solo
metro. Io ero nelle retrovie e cercavo di mantenere compatte le
varie Sierra del II Plotone grazie all’ausilio dell’ottimo Venom,
marconista instancabile. Recuperando le ultime forze, spingiamo il
piede sull’accelleratore spostando le minimi al centro dello
schieramento e facendo avanzare le ali che sfruttano a dovere la
copertura offertagli. Dopo un braccio di ferro durato a lungo,
riusciamo a sfondare e conquistare la cima della Miners Hut. E’
fatta! Ci disponiamo a presidio. L’ottimo Maso dispiega il suo
plotone in alto, mentre al secondo plotone spetta vigilare il lato
valle. Il sole si staglia all’orizzonte, compagno instancabile del
Berget, pare non perda occasione per osservare l’evolversi degli
eventi. Tornati alla base facciamo rapporto al Comandante NATO e la
giornata si conclude. Il giorno successivo ci inviano a Bashir City
per assicurare la pace in città. A parte qualche piccola sacca di
resistenza se paratista
ed un thank avversario che ci ha dato filo da torcere, abbiamo
vigilato sulla città per otto ore. La staticità della situazione ha
fatto vacillare qualcuno, ma il bottino portato a casa è ricco. I
ragazzi di Maso hanno sequestrato un grosso quantitativo di droga ed
il Comando NATO si è dimostrato compiaciuto del nostro operato.
Complice la giornata monotona ed un po di stanchezza, poche persone
partecipano alla missione assegnataci successivamente, la maggior
parte andrà a mangiare una pizza in città. Per il secondo plotone
siamo presenti solo io ed Arvis, che ci uniamo ad altri 28 ragazzi
del primo plotone. L’esigua parte restante della forza è impiegato
lungo il perimetro della base NATO sotto la direzione di Sven e
Maso, coadiuvati dall’instancabile Basetta. Dovevamo recuperare
alcune taniche di carburante presso la Traveller’s Lodge, un punto
di respawn presidiato dai mercenari. Sven tiene il briefing
magistralmente, trenta persone mi sembrano davvero poche, ma nessuno
si fa abbattere. Data la poca armonia di medici e supporto presenti
nelle Sierra, divido lo schieramento in due squadre cercando di
distribuire le forze. Non ho nulla da insegnare a nessuno e con la
massima umiltà, cerco di standardizzare le procedure tenendo un
breve briefing sui segnali manuali e ROE. Gli ottimi Matt e British
guideranno le due squadre, cerco di incitare i ragazzi e la risposta
è buona. Arrivati in vista del punto di Respawn la squadra di
British si distende in linea di fronte parallela all’obiettivo,
mentre quella guidata da Matt, apre il fuoco compatta e coperta da
un fitto bosco. Di li a poco il teflon comincia a volare ovunque,
subiamo molte perdite e non si fanno attendere le grida che invocano
il soccorso del medico. Usando sapientemente la copertura delle
minimi, i medici corrono da una parte all’altra per rimettere in
sesto i colpiti; dopo aver usato anche l’ultimo caricatore e speso
l’ultimo pallino per quella maledetta postazione, i mercenari cedono
e l’attacco a tenaglia da i suoi buoni frutti. Pare che gli
avversari abbiano chiamato rinforzi. Non avremmo resistito ad un
ulteriore assalto dato che eravamo decimati e con i caricatori
vuoti. Chiusi in un cerchio che si stringeva gradualmente con
l’avanzare degli avversari, stavamo per soccombere, quando fanno la
loro comparsa i ragazzi della compagnia India venutici in soccorso.
I ragazzi predispongono un perimetro difensivo arrestando l’avanzata
nemica; ciò ci permette di effettuare una recon in cerca delle
taniche di carburante che, ahimè, non troviamo. Stanchi, ma
soddisfatti, rientriamo alla base. Solo questa breve parentesi
sarebbe sufficiente per giustificare il viaggio in Svezia e credo
che ne serberemo il ricordo portandolo sempre con noi. Respinti vari
attacchi diretti al nostro campo, ci accingiamo a riposare.
L’indomani ci prepariamo per attaccare Bashir City. Pare gli accordi
diplomatici siano saltati e che tutte le forze si siano coalizzate
contro la Nato. Al suono dei bombardamenti, simulati con fuochi
pirotecnici, ci gettiamo dentro le trincee. La crew avrebbe
stabilito il raggio dell’esplosione indicando gli eventuali
"colpiti", che si sarebbero dovuti dichiarare. Sven sposta i plotoni
in modo che l’attacco congiunto dei mercenari e separatisti si
infranga contro le difese della base NATO. L’ottimo squad leader
Maxx23 ed i suoi ragazzi fanno un lavoro egregio, così come la
squadra diretta da Papi, Ocelot ed Acciugone. L’attacco sembra
respinto ed è imperativo partire alla volta di Bashir City. Lungo il
tragitto ci imbattiamo nuovamente nella Traveller’s Lodge, caduta
nuovamente sotto il controllo dei Mercenari. Mentre cerco di
disporre il plotone per l’attacco, così come ordinato da Sven, vengo
chiamato da un ufficiale della compagnia alleata "Oscar", che mi
avverte della recon preventiva in atto e mi intima di attendere.
Indietreggiare o arrestarsi, avrebbe significato cadere sotto il
fuoco incrociato degli avversari, appostati a circa 70 metri da noi.
Ignorando gli "accidenti" che mi urlava in inglese l’ufficiale della
Oscar, faccio disporre il plotone in linea di fronte in ordine
sparso. Non appena l’ultimo uomo è in posizione, al grido
"SPINGERE!" il plotone avanza aprendo il fuoco. Maso con il suo
plotone si lancia nell’azione fornendo un elevato volume di fuoco,
mai scontro fu più aspro. I colpiti erano decine e le minimi non
smettevano di sparare, gli sniper avversari mietevano molte vittime,
ma l’irruenza con la quale i ragazzi conducono l’attacco ci permette
di espugnare la Traveller’s Lodge e di issare la bandiera italiana.
Qualche difficoltà l’abbiamo avuta per richiamare gli uomini
indietro; è difficile non inseguire gli avversari e smettere di
sparare quando l’azione è nella fase conclusiva, ma dietro la
minaccia che non avremmo mandato medici a soccorrerli, sono
rientrati tutti nei ranghi (grazie a Nitro e Biolawless per
l’impegno profuso e per essersi sgolati). Lungo la strada per Bashir
City incontriamo 15 mercenari disarmati e li catturiamo, ma non
potendo dedicare uomini alla loro detenzione, ci viene ordinato di
effettuare il knife kill. Significa che i mercenari dovevano fare
rientro al primo respawn point e ritenersi "colpiti". L’attacco a
Bashir City è stato tra i più epici e divertenti, nonostante non sia
riuscito. Lo schieramento avversario vedeva i Mercenari, i
Separatisti, le Tigri di Milo ed i civili coalizzati contro la NATO,
che aveva schierato quattro compagnie per portare a termine
l’offensiva. Molte informazioni in merito ai movimenti degli
avversari ci giungevano grazie a Ser (Sierra 6), che intercettava le
comunicazioni radio in russo e le traduceva in italiano. La nostra
Lima Company avanza con difficoltà decimata dal fuoco delle minimi
schierate all’interno di un bosco e su un’altura posta alla nostra
destra. Alte le grida risuonano nell’aria ed è subito caos. Uomini
che vengono trascinati al sicuro dai medici, altri che incitano ad
andare avanti, Matt, Basetta, Jackson, British e tutti i capi sierra
si lanciano all’assalto ed i BB sibilano ovunque. Dalla mia
posizione non riesco a distinguere bene i movimenti del plotone
impantanato nel bosco, ma dalle invocazioni rivolte ai medici,
capisco che le cose non stanno andando per il meglio. Purtroppo una
compagnia alleata subisce l’80% di perdite a causa di un
bombardamento e l’attacco comincia a perdere vigore. Rimasto solo
con il marconista, provo a vedere che effetto fa trovarsi in prima
linea ed organizzo un rally point, cercando di
radunare ogni uomo che indossi la vegetata, solo un attacco
congiunto poteva salvarci. Purtroppo non siamo abbastanza e vengo
colpito dal fuoco di un cecchino appostato sul tetto di una casa;
una volta curato cerco di avanzare e vedo Sven brandire una pistola,
capisco allora che ci stiamo giocando il tutto per tutto e che con
italica fierezza stiamo tirando gli ultimi colpi prima di
soccombere. Di li a poco, vengo colpito per la seconda volta. Non
rimane che fare rotta verso il respawn point più vicino. Dopo circa
mezzora arriva la comunicazione da parte della Crew, che comunica la
fine del Berget.
Non sono sicuro del fatto che gli eventi si siano svolti
cronologicamente come descritto, ma il sole di mezzanotte ha
contribuito a far perdere ogni riferimento temporale.
Come già espresso, credo che anche quest’anno l’Italia sia stata ben
rappresentata, quel che conta è l’apprezzamento dell’organizzazione
e del Comandante NATO, poco possono le polemiche nate sui forum
stranieri. Il Berget non è fatto solo di scontri memorabili, ma di
attimi da vivere, di momenti da assaporare e mi ha soddisfatto
sparare solo tre caricatori monofilari in tre giorni di gioco. Sia
ben chiaro, che chi partecipa al Berget non fa assolutamente parte
di un’elite, ma è un normale softgunner. La fatica e le esperienze
condivise, hanno fatto nascere legami che porteremo sempre con noi,
fino alla fine, usque ad finem!
Diomede
|
|